Vajrasattva

Vajrasattva è un importante bodhisattva delle tradizioni Mahayana e Vajrayana del Buddhismo il cui nome significa Essere Adamantino. E’ la principale divinità associata alla purificazione: il suo mantra dalle 100 sillabe è noto come pratica suprema di purificazione, capace di dissolvere ogni tipo di oscuramento e karma negativo, anche quello che fa seguito alla rottura di un voto. Rappresenta il Bodhisattva per eccellenza, la parte pura della manifestazione, secondo solamente a Samanthabadra che rappresenta invece il “non manifesto”, “la consapevolezza senza tempo sveglia sin da prima dell’inizio”, traduzione letterale di alcuni suoi appellativi. (dharmakaya).
Vajrasattva viene perciò anche chiamato “auto-riflesso del Buddha primordiale Samanthabadra”, ovvero la sua manifestazione nel mondo delle forme e della dualità soggetto-oggetto. Esso è il sovrano delle 5 famiglie di Buddha che formano il consesso delle  100 divinità pacifiche e irate del Shambogakaya, visione descritta nel “Libro Tibetano dei Morti” che sorge durante la fase della dharmata come manifestazione esteriore del proprio stato naturale. E’ raffigurato di colore bianco, con le gambe incrociate nella posizione del loto (gambe incrociate, piante dei piedi verso l’alto) mentre riposa sereno e imperturbabile al centro di un fiore di loto. I suoi attributi principali sono un Vajra e una campana tibetana oltre ai cosiddetti 13 ornamenti del perfetto Sambogakaya, composti da 8 gioielli e 5 tessuti. Questa moltitudine di ornamenti sono simbolo della ricchezza della natura della mente di cui tutto è manifestazione. Indossa una corona ornata da cinque diademi, mentre il capo è circondato da un’aura di luce dei cinque colori arcobaleno. Si nota quindi come il numero 5 sia ricorrente in Vajrasattva, a conferma che ci troviamo sul piano della manifestazione.

Con la mano destra (attiva) tiene il Vajra (yang) in posizione verticale, ad indicarne la parte superiore corrispondente alle 5 saggezze, che si contrappone alla parte impura delle 5 emozioni: entrambe scaturiscono da una stessa sorgente, il centro del Vajra, ovvero lo stato naturale. Con la mano sinistra (passiva) tiene in mano una campana tibetana (yin). I due attributi suggeriscono come le due fasi Yin e Yang, vuoto e consapevolezza, debbano essere integrate, dissolte, unificate, per andare oltre il dualismo dell’esperienza relativa, compiendo sul piano dello spirito lo stesso principio di unione che sul piano del corpo genera una nuova vita. Spesso nei thangka è raffigurato anche uno specchio, situato in basso al di sotto del fiore di loto, mentre un sole ed una luna sono posizionati in alto ai due angoli del cielo. Lo specchio vuole suggerirci la  saggezza a lui corrispondente, la cosiddetta “saggezza simile allo specchio”, base da cui si manifestano chiarezza (sole) e vacuità (luna) e nella quale il dualismo non è presente. Attraverso di essa è possibile conseguire le altre 4 saggezze ed unificarle allo stesso modo in cui i 4 elementi si manifestano ed unificano nello spazio vuoto, anche detto spazio vuoto di Vajrasattva, e situato all’altezza del cuore. Vajrasattva rappresenta quindi l’unione delle 5 famiglie di Buddha, ovvero delle 5 saggezze, conseguita attraverso la purificazione delle 5 emozioni dell’esistenza relativa.

E’ attraverso la pratica che possiamo riconoscere le 5 emozioni che sperimentiamo durante la vita come manifestazione del nostro stato naturale, così da unificare la dualità apparente, dissolvendo e riconducendo ciascuna di esse alla sua essenza pura. Vajrasattva ci mostra così la Via verso la Liberazione e la chiave per la manifestazione del Corpo Arcobaleno.